COSA È L’ORATORIO

Lo sguardo della riconoscenza

L’oratorio e la tradizione:
La gratitudine è nel cuore di molti. L’oratorio è stato un’intuizione geniale, in futuro cambierà la forma ma non la sostanza. Quanta gente è passata di lì; quante persone che, pur essendo andate poi dappertutto nella vita, ricordano che ci fu un tempo in cui l’oratorio era la loro casa. Tocca a noi vivere la gratitudine e l’originalità di questa piazza straordinaria in cui abbiamo incontrato persone che si sono occupate di noi. Ci hanno fatto giocare prima di farci pregare; ci hanno dedicato tempo prima di chiederci impegno e così, a poco a poco, sono cresciuti in noi la preghiera e l’impegno. Anche chi è andato via e ha scelto altre strade, da adulto, se ha la forza di una memoria semplice, ricorda con affetto il tempo dell’oratorio. Oggi è cambiata la cultura ed i ragazzi hanno altri spazi, ma i cristiani dovranno stare sempre lì in modi diversi a dedicare tempo e cuore, perchè la gente, grandi e piccoli, vanno e stanno dove si sentono voluti bene. Abbiamo bisogno di tempo, di intelligenza e di cuore.

l’oratorio e il presente:
La sperimentazione è d’obbligo. Non c’è più niente che si fa come prima: anche i ragazzi di oggi sperimentano per la prima volta la vita. Oggi si richiedono più energie e più risorse umane; non c’è più consenso generale sui valori e sulla fede. Si fanno molti tentativi. Bisogna essere buoni, coraggiosi e fedeli. Educare è un’arte, ci vogliono certamente strumenti e linguaggi nuovi, ma ancor di più ci vogliono relazioni profonde, semplici, sincere. Si deve sperimentare ancora l’amicizia, la gioia, la passione per qualcosa di bello, il gioco leale, il servizio motivato, il gruppo motivato. Bisogna sperimentare l’educazione: bisogna sperimentare la conversazione simpatica; bisogna provare un po’ di povertà in cambio di una vita comune; bisogna sperimentare il gusto della diversità senza insulto, senza cattiveria, senza presa in giro. Queste sperimentazioni sono le più belle. Sono sperimentazioni per preti, educatori, uomini e donne, che amano i figli, anche quelli degli altri.

L’oratorio e la progettualità:
Il futuro è portato dai ragazzi stessi. Progettare significa progettare la qualità. Non si vuole soltanto l’èlite, non la si sopporterebbe, si vuole la qualità dell’accoglienza e della proposta, la qualità cha ha pazienza di partire dal basso; molte volte da molto in basso, dove non c’è coscienza di appartenenza, dove non c’è disciplina, dove non c’è nessuno che seriamente si occupa di te. Si tratta di progettare la vita e di progettare la fede, le strade per entrare nell’una e nell’altra; entrare comunque, anche a costo di essere quasi certi di non arrivare alla meta. Ci vuole pazienza e serietà. Amore, grazia e perdono. Non bisogna chiudere le porte, ma dove si può, bisogna proporre esperienze precise. A secondo dell’età; a seconda di quanto uno può portare di sé. Progettare la qualità della relazione significa avere una grande elasticità, quel farsi tutto a tutti, per salvare in qualche modo ciascuno. I grandi hanno sempre avuto un cuore così. E tutti noi educatori, preti e laici, dobbiamo raccogliere le forze, senza schieramenti e senza guerre inutili.

Un singolare stile missionario

Veramente l’oratorio è un laboratorio di missionarietà pratica. Accanto alla molta e giusta elaborazione teorica sulla missionarietà, l’oratorio è certamente il campo in cui senza sforzo si può mettere in pratica la missionarietà, subito, senza impalcature. Sono lì nell’oratorio i ragazzi, bellissimi e fastidiosi, buoni e rissosi, commossi e maleducati, cristiani e non, accolti senza preavviso, ospitati senza precauzione. Questa missionarietà costa, a volte fa soffrire, ma è sempre vitale. In un momento in cui tutta la Chiesa avverte la necessità di essere missionaria, in un momento in cui si cercano e si aprono nuovi laboratori, la vecchia officina dell’oratorio acquista uno splendore nuovo, si esprime in una missionarietà reale, cerca operai che sappiano far crescere, perché la messe è ancora abbondante.

L’oratorio è come una città aperta e questo è la nostra forza e la nostra debolezza. Non dobbiamo rinunciare. L’oratorio come una città aperta può mostrare la sua debolezza perché a volte vorremmo un progetto più preciso, interlocutori più fedeli e ordinati, una selezione più oculata, una proposta più spirituale. Vorremmo una condivisione maggiore dell’esperienza della fede con le famiglie. Vorremmo uno specifico cristiano più marcato. Non potendo garantire sempre in modo esemplare tutto questo, ci sembra di essere inadempienti e di soffrire una certa debolezza educativa. Ma l’oratorio come città aperta mostra d’altro lato tutta la sua forza, tutta la sua genialità: possono venire tutti, vengono per giocare o per pregare, per aiutare o per dar fastidio, per collaborare o per opporsi; non c’è nulla in grado di offrire una così grande elasticità di accoglienza come gli oratori. All’oratorio possono venire i ricchi e i poveri, gli italiani e gli stranieri, i cristiani e i musulmani, i ragazzi e gli adolescenti, i singoli e i gruppi. Vengono tutti quelli che cercano, spesso quelli che non hanno dove andare, spesso quelli che non hanno molti soldi da spendere e molte possibilità di pagare. Questa dialettica tra il poco e il molto è la genialità dell’oratorio, ed è una dialettica che non va risolta a favore di una delle due parti, ma piuttosto va qualificata.

L’oratorio è un incrocio di molte collaborazioni: quando in un oratorio ci sono uomini e donne maturi, autentici cristiani responsabili, persone libere e aperte, attente ma non ingenue, l’oratorio nel territorio di una città, oggi più che mai, diventa una bellissima rotatoria che disciplina gli incroci, e intorno alla quale sono possibili grandissime collaborazioni. Nel rispetto, nella stima e nella singolarità di ogni soggetto. La comunità cristiana è contenta e disponibile ad ogni collaborazione per il bene dei ragazzi; l’oratorio è pronto a creare alleanze educative con le istituzioni pubbliche, gli enti locali, il mondo della scuola e dello sport. L’oratorio è attento ad ogni spirito laico ed è amante del suo credo spirituale. Non rinuncia alla sua identità, non annacqua la sua tradizione, ma rispetta il bene da qualsiasi parte venga, distingue ma non divide, discute ma non offende, ama troppo il bene dei giovani per non cercare collaborazioni preziose da ogni parte, in grande libertà. Quanto lavoro e quanto bene non solo si è fatto, ma si è fatto insieme con altri in questi ultimi anni. Sarà sempre di più così.

Luogo di scambio generazionale

L’educazione è circolare. Ogni generazione in ogni momento dà e riceve. Si dà qualcosa e si riceve qualcosa d’altro. Mai sospendere questa circolarità. Ci vuole un grande ascolto e un grande rispetto dei ragazzi e degli adolescenti, dei genitori e degli educatori, dei sacerdoti e dei laici. Un grande rispetto e una grande stima, soprattutto tra adulti. Poi i ragazzi imparano. Non sempre la ragione e ancor più il soffio dello Spirito si distribuiscono secondo gli anni e secondo il ruolo. Piuttosto, se si vuole un poco forzare lo Spirito, si deve dire che preferisce l’intelligenza e la bontà, la dedizione nascosta e la santità. La circolarità educativa deve abitare ogni oratorio. Oggi più mai sono tornati i bambini piccoli e sono presenti i loro genitori: è un’occasione straordinaria per una domenica di pace tra genitori e figli e per un pomeriggio sereno tra mariti e mogli. Bisogna pensare agli adolescenti e ai giovani: quelli che ci sono, quelli che restano e quelli che vanno via. Qualche volta l’oratorio deve lasciare andare per riavere in un’altra stagione persone più libere e più mature.

Attraverso l’oratorio i figli riconducono alla semplicità della fede e della vita i loro genitori; e i genitori si riappropriano del gusto di educare accompagnando i loro figli. Torna alla mente l’immagine biblica del vecchio Simeone con il bambino Gesù tra le braccia: ad un certo punto secondo la liturgia non si capisce più chi è tra le braccia dell’altro. Così è per l’educazione alla vita e alla fede: i bambini riportano i genitori ad alcuni vissuti dimenticati ma necessari e i genitori possono dare ai loro figli qualcosa di vitale che loro per le varie circostanze della vita hanno in parte o del tutto abbandonato. L’oratorio è un contesto educativo circolare.

I ragazzi, gli adolescenti e i giovani nell’oratorio vivono tre diverse tipologie di presenze: ci vuole attenzione e accompagnamento diversi per ciascuno di queste tre età. Per loro, un tempo, il linguaggio educativo poteva essere molto simile, oggi non è più pensabile di trattare queste tre età allo stesso modo. La loro libertà cresce in un mondo diverso, la loro appartenenza all’oratorio si modifica con il passare degli anni. L’oratorio per molti adolescenti è ancora una grande risorsa, per altri è un vestito stretto, che deve essere indossato bene e che non va bene per tutti i giorni. Qui si dovrà diventare tutti più liberi, più elastici e più creativi. Anche in questa età si può parlare molto bene al cuore di un ragazzo o di una ragazza adolescente. Ma è un linguaggio nuovo rispetto a quello dei bambini. Per quanto riguarda i giovani l’oratorio non risolve tutte le loro esigenze e le loro aspettative: molti non si concedono più all’oratorio come ad un’unica appartenenza globale. Molti rimangono, molti di più vanno via, altri vanno e vengono. Nel modulare questi esodi ci vuole sapienza e ricchezza d’animo, capacità di rapporto, proposta di valori e disponibilità all’attesa. Sarebbe una cosa bellissima se gli educatori di un tempo non perdessero con i giovani un vivace rapporto umano. Così per molti di più l’oratorio vivrebbe ancora.

Ci sarà sempre un cortile

La vita ha delle esigenze che si impongono da sole e la crescita di ogni generazione trova i suoi spazi e i suoi tempi. L’oratorio è una grande grazia in una comunità cristiana e un cortile ci sarà sempre per accogliere coloro che si affacciano alla maturità dell’esistenza. Ci vuole un rinnovamento di passione, ci vogliono più che mai ancora uomini e donne che sappiano voler bene a coloro che passano per la strada, soltanto a motivo della loro giovinezza. Cambieranno indubbiamente ancora molte cose, ma se c’è qualcuno che ancora vuol bene a Gesù e vuol bene ai ragazzi si troverà il modo per rimanere acconto a loro. Si starà in mezzo per imparare ad ascoltare innanzitutto e poi per trasmettere la bellezza delle relazioni umane e la ricchezza del mistero di Dio. Ci sarà sempre un cortile da cui cominciare.